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Differenza tra Lavorare e Guadagnare

Differenza tra Lavorare e Guadagnare

Il lavoro e la disoccupazione

Ti sei mai chiesto come mai si parli di disoccupazione e mai di guadagni inadeguati?

 

Il motivo è molto semplice, si sposta l’attenzione su un finto problema del lavoro, perché per essere considerati lavoratori basta avere un contratto o una p.iva di qualsiasi tipo. Per parlare di guadagni serve cambiare completamente tutto, e non limitarsi a favorire leggi che assumono a tempo per abbassare la lancetta della percentuale di disoccupati.

 

  • Ma essere occupati da un lavoro a contratto pensate sia il problema della disoccupazione?
  • Quante persone che lavorano hanno un guadagno adeguato?

 

 Se non avete vissuto sulla luna negli ultimi 20 anni vi sarete resi conto che il “sistema” del lavoro è cambiato perché le aziende sono cambiate. 

 

Le persone, fino a 2 generazioni prima della mia, nascevano, lavoravano per vivere e per lasciare in eredità qualcosa a chi veniva dopo di loro.

 

Era un sistema molto semplice ed efficiente fino a che la progressione tecnologica ha divorato i tempi di evoluzione del modello con cui si sviluppava.

 

 Le persone si sono trovate circondate da innovazione tecnologica senza aver cambiato l’approccio al lavoro.  

 

Le aziende tagliavano personale in favore di macchine e le Università incrementavano giovani studiosi per aziende troppo avanti rispetto alla cultura rinascimentale.

Lo studio come forma di sopravvivenza e innalzamento dei mestieri e della professione, contro un sistema del lavoro che tendeva a ridurre i costi in favore dei profitti.

 

Le professioni erano poco pronte al cambiamento e arrancavano in mancanza di coscienza dei loro assistiti.

 

Gli artigiani aumentavano la loro evasione delle tasse per sopravvivere, ed i commercianti più in vista riducevano il costo del lavoro assumendo sotto costo personale di qualsiasi nazionalità, genere e/o religione.

 

Le persone che guadagnano lavorando sono coloro che hanno qualcosa che altri non possono offrire, la conoscenza e la vendono a peso d’oro.

 

Guadagnare dal lavoro, invece, è un’abilità che spetta ai giocolieri industriali che sanno come spostare capitali, produzioni, capitale umano e fiscale a favore del dio denaro.

 

Le persone cercano lavoro per sopravvivere e non per guadagnare

Chi può permettersi di lavorare per guadagnare è un folle o un privilegiato.

 

La falsa verità della disoccupazione nasconde la quantità di lavoro nero che le imprese assumono per eludere tassazioni e marginalizzare sui guadagni. Una persona assunta, ma che non ha nessuna garanzia di lavoro non sta guadagnando, ma caricando sulle sue spalle la responsabilità di un lavoro precario.

 

Lavorare NON serve a niente se non c’è guadagno

Sei d’accordo con me che se lavori, ma ciò che ricevi non ti permette di vivere come desideri, sei semplicemente uno schiavo moderno. Siamo usciti dalle catene di montaggio per protestare e siamo rimasti incastrati dalla burocrazia machiavellica che genera lavoro a basso costo.

 

Se vogliamo riprendere il controllo del lavoro sul guadagno serve comprendere il meccanismo in cui viviamo e di come si muove l’economia.

 

Se lavori a contratto, ma ciò che ricevi non ti aiuta a mantenere le tue necessità, allora scappa da quel lavoro e costruisci qualcosa che tu possa controllare, pur se inizialmente avrai le entrate azzerate, devi riprendere il controllo di quanto lavori in funzione del guadagno.

 

Il lavoro da dipendente statale ci sarà sempre, nonostante oggi vogliano farci credere il contrario.

Non ci sono più posti pubblici? Non esiste più il lavoro statale! Rassegnatevi

Lo hai sentito dire mille volte anche tu, vero? È una cazzata! A meno che non crederai davvero che i dipendenti pubblici siano degli immortali, prima o poi anche loro dovranno lasciare il posto che occupano.  Quello che cambierà rispetto a prima sarà la preparazione necessaria per impiegare un posto statale.

 

Servirà studiare di più ed avere più competenze per ottenere un lavoro da dipendente pubblico.

 

L’unico problema dell’impiego pubblico è che devi avere una soglia di sopportazione ai cretini molto alta. Perché ad un certo punto ti sentirai circondato da cretini che pensano di avere la verità in tasca, o scontrarti con cittadini ignoranti che hanno letto qualcosa su internet per chiederti spiegazioni.

 

Se vuoi guadagnare lavorando devi avere molta fiducia in te stesso

Se hai deciso di voler guadagnare, dovrai concentrarti molto su quelle che sono le tue reali competenze e doti naturali. Perché solo da quelle otterrai il miglior guadagno in funzione del tempo che dedicherai e dalle soddisfazioni che riceverai.

 

Guadagnare NON significa necessariamente ricevere una barca di soldi, ma essere soddisfatti e sereni di quello che si fa e di quello che si è ricevuto. Se dovessi lavorare per una professione che non ti rende felice pur guadagnando molti soldi, credi che sarebbe meglio?

 

 

 

La Buona Scuola ed il Marketing dei Migliori

La Buona Scuola ed il Marketing dei Migliori

Le persone non comprendono il valore del sapere condiviso

C’è un solo motivo se oggi ci troviamo con le pezze al culo, abbiamo passato gli ultimi 100 anni della nostra storia per costruire modelli di apprendimento per i “primi della classe” a discapito dei modelli di “sapere condiviso“.

 

La scuola non aiuta a condividere, ma alimenta le disuguaglianze e le fazioni tra i buoni contro i cattivi, dei migliori contro i peggiori.

 

Un sistema didattico basato su un  modello capitalista che vede nei “primi della classe” gli unici eroi della comunità, capaci di costruire per sé e per gli altri, senza chiedere il parare degli altri, ovviamente.  Siamo stati progettati per non condividere nulla, se non per opportunismo. (Leggi altro

 

Premiare i “primi della classe” genera 2 grandi problemi:

  • Illusione di potercela fare da soli
  • Cattiveria degli ultimi

 

 Entrambi i problemi costituiscono il vero motore dell’economia capitalista. 
  • Chi crede di potercela fare da solo, con le proprie forze ed ingegno, rincorrerà il sogno, sperperando, sgomitando, truffando gli altri per arrivare a toccare la coppa della felicità.

 

  • Chi ha accumulato abbastanza cattiveria verso i “primi della classe” vivrà una vita per combatterli, a costo di dover rimetterci la pelle. Sono quelli condannati a generare odio per ristabilire un equilibrio di “giustizia” morale, o semplicemente per un senso di benessere personale. Combattono per la stessa missione dei “primi della classe”, ma lo fanno per dimostrare a tutti che si può essere i migliori anche senza essere apparentemente “buoni”.

 

Perché la Buona Scuola non aiuterà a risolvere i problemi e produrrà un sistema alimentato dal Marketing dei migliori ampliando la base dei cattivi?

 

La Buona Scuola mira all’eccellenza, ma l’eccellenza è pura illusione, perché  se non si sa condividere non si può progredire . Le innovazioni nascono dallo scambio di conoscenze ed esperienze. Se la scuola non aiuta a comprendere i modelli di connessione e condivisione del sapere per premiare pochi a discapito di molti, è evidente che il sistema costituito tenderà ad un limite di sviluppo.

 

Non può esserci progressione se il sapere e la ricchezza è in mano a pochi, si tratta di una banale constatazione logica, non di logica comunista o di frati cappuccini. Come si può pensare ad un sistema generativo se abbiamo costruito una società ad imbuto?

 

Come si può immaginare un’economia sostenibile se alla base di tutto c’è la voglia di appropriarsi dei beni?

 

Il Marketing dei Migliori costruisce una società imperialista

 

Qualche giorno fa ho visto un film che rappresentava una società futura divisa in fazioni per mantenere un equilibrio, fino a che una fazione non decide di voler prendere le decisioni per gli altri.

 

Non mi è sembrata una visione irreale del futuro, anzi, mi ha fatto riflettere su ciò che stiamo costruendo oggi e di come i “Migliori” siano di fatto i futuri imperialisti di domani, perché la cultura che stiamo sviluppando è di un sapere sgocciolato dall’alto, filtrato e dosato per non far conoscere. Un antidoto virale per evitare che i “primi della classe” possano essere scoperti e che perdano il loro potere decisionale.

 

Gli imperialisti di domani sono quelli che oggi abbiamo definito “Migliori”, ma avremo la possibilità di ottenere un equilibrio se impareremo a connetterci e condividere il sapere.

 

 Il sapere condiviso è la vera ricchezza , non esiste cura che non abbia subito un processo di condivisione del sapere (leggi esempio), non esiste soluzione che non sia stata confutata e rimessa in discussione dallo scambio di conoscenze.

 

 Se sapremo utilizzare il web  (non quello virtuale di Second Life) per costruire reti di sapere allora potremo pensare di avere un controllo dell’equilibrio tra chi è definito “Migliore” per eredità e chi continuerà ad essere cattivo per ribellione o per puro egoismo.  

 

Chi si impegna per diffondere questa visione di web può considerarsi uno degli eroi che aiuterà a salvarci dall’imperialismo.

Il Falso Mito della Collaborazione Online: Il Progetto

Il Falso Mito della Collaborazione Online: Il Progetto

COLLABORARE ONLINE: UN MODELLO ORGANIZZATIVO O UN MERO TENTATIVO DI SPECULAZIONE DEL LAVORO?

Molte cose la scuola non le insegna, il mondo del lavoro è qualcosa di complesso e spesso chi sta “nel mezzo” si trova ad imparare sbagliando. La collaborazione nel lavoro è spesso intesa come un sistema di “scambio” in tacito accordo tra le parti: Io do a te, tu dai a me. Senza compromessi o vincoli che possano sancire questa “promessa”.

 

Negli ultimi anni, il senso di collaborazione tra professionisti è diventata una necessità e su questa necessità c’è chi sa come speculare.

FACCIAMO SUBITO UNA PREMESSA SUL CONCETTO DI COLLABORAZIONE PROFESSIONALE E SU QUELLO CHE REALMENTE SAREBBE IL VALORE DI UN CORRETTO APPROCCIO DI METODO ALLA COLLABORAZIONE TRA PROFESSIONISTI

Collaborare significa mettere in condivisione delle risorse con la finalità di un obiettivo comune. Scambiarsi favori è un’altra cosa, ricambiare una cortesia è un’altra cosa.

 

La collaborazione professionale è un modello di lavoro NON un sistema per appoggiarsi sugli altri. Collaborare professionalmente significa assumersi delle responsabilità, avere una visione complessiva di quello che si sta facendo insieme e soprattutto è un’intesa forte tra le parti.

Non può essere una vera collaborazione tra 2 o più professionisti se non c’è sincronia mentale. Se esistono invidie, antipatie o se uno pensa di essere più bravo, furbo o intelligente dell’altro.

LA COLLABORAZIONE ONLINE A LIVELLO PROFESSIONALE È UN MODELLO VINCENTE, MA SERVE AVERE DELLE REGOLE ED UN MODELLO DI SVILUPPO CHE MOSTRI DEGLI OBIETTIVI CHIARI E NON BASATI SULL’APPROSSIMAZIONE PER CONVENIENZA DI UNO O DELL’ALTRO

Uno dei grossi limiti che ho incontrato nella mia esperienza sul tema è che le persone NON amano condividere, lo fanno solo se ci trovano una convenienza personale, un modo per speculare sull’altro.

Sta proprio in questo paradosso la grande difficoltà di stabilire delle serie collaborazioni professionali. Collaborare con professionisti significa mettere da parte l’ IO e dare spazio al NOI.

 

L’INIZIO DI UNA COLLABORAZIONE PROFESSIONALE DEVE BASARSI SU 3 SEMPLICI ED EFFICACI PRINCIPI:

1) Non prevalere mai sull’altro, anche se ci si sente in diritto di farlo

Quando collabori professionalmente con altre persone NON sei il capo, sei un braccio operativo, e se qualcosa non è andata bene o un altro ha commesso un errore il problema è di tutti e tutti devono riconoscere di aver sbagliato sottovalutando ciò che poteva accadere.

 

2) La collaborazione professionale deve iniziare con delle regole scritte e condivise

Iniziare una collaborazione cercando di risolvere i problemi quando arrivano è l’inizio della fine già scritta. A meno che non ci sia una fortissima sincronia ed un rispetto tra le parti, dovuto a legami forti, ti sconsiglio di iniziare una collaborazione che non abbia un documento scritto, condiviso e firmato da tutti.

Le persone sanno dimenticare facilmente a convenienza ciò che hai fatto o dato senza chiedere nulla in cambio e al momento che meno te l’aspetti ti accuseranno di NON poterlo dimostrare.

 

3) Se pensi di essere il migliore di tutti allora corri da solo, non puoi collaborare con nessuno che non sia un tuo dipendente o un tuo seguace

La collaborazione è un gioco di squadra, si vince e si perde insieme, ogni successo dipende da tutti, come ogni sconfitta. È banale da dire, ma ti accorgerai presto che le persone collaborano per poi stilare una classifica di “primi della classe”.

In questi casi, se ti senti davvero così forte, non cercare collaborazioni, nessuno ti deve niente se sei bravo, se lo sei davvero ti verrà riconosciuto, non è necessario fare graduatorie di merito.

 

COLLABORARE PER RIDURRE I COSTI: L’ERRORE CHE HO COMMESSO PRIMA DI TE

Quando vuoi raggiungere un obiettivo, il primo pensiero è sempre quello di trovare soluzioni per ridurre i costi. La collaborazione professionale viene subito percepita come un sistema per ridurre le spese, ma con l’esperienza ti accorgerai che NON è la verità.

Quando sei coinvolto in una collaborazione professionale SENZA AVER STABILITO UN MODELLO DI SOSTENIBILITÀ, il tempo che dedicherai al progetto sarà maggiore della reale resa economica. In sostanza lavorerai di più per ottenere lo stesso risultato.

I costi attraverso una collaborazione professionale si riducono solo se TUTTI hanno un ruolo definito e si stabiliscono degli obiettivi da raggiungere. Se mancano questi 2 elementi in una collaborazione professionale, allora i costi saranno superiori alle aspettative, sia in termini di tempo perché ognuno farà quel penserà giusto, possibilmente sovrapponendosi e quindi sprecando energie, sia in termini di spesa, perché non essendoci un piano condiviso le persone coinvolte spenderanno risorse in ciò che riterranno opportuno per il gruppo, ma senza che gli altri ne percepiscano il valore.

 

PREVENIRE I CONFLITTI TRA COLLABORATORI CON LA TECNICA DEI SONDAGGI ANONIMI

Riuscire a comprendere gli altri è un’attività complessa e spesso non tutti hanno il carattere di saper ascoltare e riflettere. L’unico modo che conosco per conoscersi meglio è quello di confrontarsi in maniera trasparente, ma in “anonimo”. No, non è un controsenso e ti spiego anche perché è necessario farlo in questo modo.

La trasparenza nel dialogo si basa sul principio che NON si debba nascondere o tenersi dentro ciò che si ha da dire, ma in un gruppo di persone NON tutti hanno la capacità di affrontare direttamente gli altri. Spesso si ha difficoltà nel dire le cose in faccia, per timidezza, per poca conoscenza dell’altro, per sensibilità o semplicemente per timore della reazione altrui. Per tutti questi motivi, in una riunione di confronto, quasi mai emergeranno le vere problematiche e si cercherà di girare intorno al problema senza affrontarlo. Non è una colpa, è solo una questione di metodo poco efficiente.

Se si vuole davvero conoscere cosa pensano gli altri serve offrire un metodo che permetta di farlo in trasparenza, mettendo tutti nella condizione di potersi esprimere e segnalare ciò che a proprio parare non va bene. In questo modo, la persona coinvolta da una segnalazione potrà offrire la sua motivazione ad un atteggiamento sbagliato o offrire un maggiore approfondimento sulla questione.

 

LA COLLABORAZIONE PROFESSIONALE È UN RAPPORTO ORIZZONTALE TRA PERSONE CHE SI BASA SULLA FIDUCIA E STIMA DEGLI ALTRI

Se una o più persone NON sono in grado di sopportare le critiche o le mancanze degli altri NON è la persona adatta a collaborare. Prima te ne accorgi, meglio è per te e per il gruppo di collaboratori.

Collaborare professionalmente è una delle attività più complesse che ho affrontato, ho fatto errori, ho perso soldi, ho perso tempo, ho deluso persone, sono stato male, ho rotto amicizie fraterne, ma ho anche avuto dei successi personali, conosciuto molte persone che mi hanno aiutato ad aprire la mente. Ho imparato a conoscere più me stesso, ho viaggiato per incontrare persone con cui collaboravo da molto tempo senza mai esserci visti di persona.

Insomma, tirate le somme fino ad oggi, in base alla mia piccola, ma intensa esperienza, posso suggerire che la collaborazione professionale è solo un vantaggio, ma è importantissimo NON lasciarsi trasportare dalle emozioni e farle prevalere sul metodo e sull’approccio professionale.

Devi imparare a convivere con le esperienze degli altri, a condividere la tua esperienza senza aspettarti nulla in cambio, ma soprattutto è necessario STABILIRE un modello di sopravvivenza e di sviluppo che sia sostenibile per tutti.

UNA COLLABORAZIONE PROFESSIONALE SENZA UN PROGETTO DI SOSTENIBILITÀ PER TUTTO IL GRUPPO È UN PROGETTO A RISCHIO DI ROTTURA

Quando inizia una collaborazione professionale devi da subito provvedere a proporre un piano di sostenibilità per tutti, questo serve per ridurre il rischio che il progetto sia costantemente  soggetto a fallimento per inadempienza di uno o dell’altro collaboratore.

Quando il vero lavoro si fa duro e nessuno sa cosa serve per sostenere il progetto o come fare per andare avanti con il progetto comune, allora ognuno si sentirà il diritto di fare come meglio crede per raggiungere il SUO scopo.

Se non c’è un bene comune da raggiungere ed un modello di sviluppo per farlo, nessuno avrà la sensazione di infrangere le regole e proverà a trovare la soluzione più utile per sé stesso dimenticando le necessità degli altri.

 

SE UNA COLLABORAZIONE PROFESSIONALE FINISCE SEI IL PRIMO AD AVER FALLITO, MA DEVI PRENDERE SPUNTO DAI TUOI ERRORI PER MIGLIORARTI

Quando si rompe un rapporto di collaborazione si ha sempre un senso di vuoto dentro, un disorientamento temporale. Il mio suggerimento è di riconoscere i tuoi errori analizzando a mente fredda cosa è accaduto e quali sono state le dinamiche che hanno creato l’incomprensione. 

 

Ogni fallimento deve essere analizzato e non essere visto come chiusura di ogni altro tipo di collaborazione.

 

Se il tuo carattere si sposa bene con la metodologia di collaborazione allora devi continuare a farlo, ma traendo esperienza dai propri errori passati.

La colpa NON è mai degli altri, il primo a prendersi le colpe devi essere tu. Se si è rotto un rapporto di lavoro, come un rapporto di collaborazione professionale significa che anche tu non sei stato capace di comprendere gli altri, o magari non sei stato in grado di capirlo in anticipo dove si sarebbe andati a parare.

 

NON RIMPIANGERE IL TEMPO CHE HAI DEDICATO, QUALCUN’ALTRO NE AVRÀ GIOVATO E SE CREDI DAVVERO NELLA COLLABORAZIONE ALLORA SAI CHE È GIUSTO CHE SIA COSÌ

 

Un consiglio spassionato, se hai deciso di collaborare in un progetto professionale dedicati al massimo, ma non contare le ore che spendi per tutti. Nessuno conta il tempo che investono gli altri, solo i singoli hanno la percezione di aver dato di più di un altro, ma spesso NON è così. Per evitare tutto questo, ritorna al punto più sopra, quando accenno ad una tecnica per prevenire i conflitti.

Il tempo è tutto ciò che determina il nostro senso di orientamento, è un bene prezioso e come tale va saputo dosare nella maniera in cui ci si sente coinvolti.

Quando avrai la sensazione che il tuo tempo valga di più di quello degli altri, allora fermati perché sei già sull’orlo del precipizio verso la rottura del rapporto.

 

PERCHÉ HO CONDIVISO CON TE QUESTE RIFLESSIONI E COME PUOI METTERLE IN PRATICA?

Queste riflessioni nascono dalla mia voglia di condividere e dalla convinzione che utilizzare modelli di collaborazione professionale sia il futuro delle professioni.

 

Nessun professionista nel futuro prossimo potrà non tenerne conto, se non si è Rockefeller, serve necessariamente convivere con altri professionisti e condividere con loro dei progetti al fine di svilupparli. Lo scopo NON è banalmente quello di ridurre i costi, ma di avere una visione più ampia del sistema in cui si opera.

Il tempo di ogni singola persona è limitato e l’unico sistema che conosco per rendere efficiente la gestione del tempo è di “condividerlo” con altri per ridurre l’usura dello spreco.

 Per mettere in pratica un approccio alla collaborazione professionale più proficua basta riflettere su quelli che sono i propri obiettivi professionali. 

A quel punto serve selezionare bene le persone con cui collaborare, semplicemente ponendo in anticipo la questione metodologica. Se le persone con cui vorrai collaborare NON hanno idea di una metodologia da applicare hai solo 2 strade:

1) Proporre tu una metodologia

2) Non collaborare con quelle persone

 

Se ti serve un aiuto o vuoi confrontarti su questa tematica, puoi lasciare un commento.